Non si può chiamare guerra la guerra?  Giovanni Savino Russia prof universitario fuggito

Non si può chiamare guerra la guerra? di Giovanni Savino

Riceviamo e pubblichiamo, con immenso piacere, questa riflessione-testimonianza di Giovanni Savino, docente universitario napoletano di Storia contemporanea e specialista di nazionalismo russo, che, subito dopo l’attacco di guerra all’Ucraina, è andato via da Mosca in treno e bus: ha affrontato 19 ore di viaggio di cui 5 di attesa al confine con l'Estonia per atterrare, la sera del 5 marzo, a Capodichino. Giovanni Savino è una voce autorevole del mondo intellettuale e accademico russo, viveva a Mosca da 10 anni, da 17 in Russia. Ha lasciato il lavoro, e tutta la sua vita in un Paese ormai isolato a livello informatico e verso una inquietante chiusura alle informazioni dal mondo esterno.

Volevo fare lo storico

"Da ragazzo volevo fare lo storico, perché credevo (e credo) nella necessità di comprendere il passato per provare a migliorare il presente e per progettare il futuro. Volevo fare quindi lo storico-storico, un po’ come Giancarlo Siani, interpretato dal mai troppo compianto Libero De Rienzo, che rispondeva di voler essere un giornalista-giornalista. Sono fortunato, perché un po’ ci sono riuscito, e nell’occuparmi di temi particolarmente forti, come il nazionalismo russo nel Novecento e i rapporti tra estrema destra russa, la Lega e altre strutture neofasciste in Italia.

Già allora, nel 2014 e poi intorno al 2017, ebbi particolari attenzioni per aver pubblicato articoli e saggi sulle relazioni pericolose tra alcune aree nazional-conservatrici in Russia, rappresentate da Aleksandr Dugin e Konstantin Malofeev, e la Lega, ma non vi furono particolari rischi. Qualche tempo dopo, divenni oggetto di un editoriale, pubblicato dal Mattino, dove venni accusato di non poter firmare un appello contro la partecipazione di Alain de Benoist, guru dell’estrema destra europea, a un’iniziativa della Fondazione Feltrinelli, perché, secondo l’autorevole professore autore del pezzo sul quotidiano partenopeo, sarei stato… un insegnante di italiano. Cosa falsa, e comunque che c’entra poco con le posizioni prese da un cittadino.

Ma i problemi veri e propri sono iniziati con l’aggressione militare all’Ucraina. In verità, nell’estate del 2021 mi aveva colpito molto il saggio a firma di Vladimir Putin Sull’unità storica dei russi e degli ucraini, perché il presidente vi sposava in toto le tesi portate avanti dal nazionalismo russo d’inizio Novecento, basate essenzialmente sull’artificiosità dell’identità ucraina. Non mi dilungo, perché il tema è complesso e richiede spazio (e ne ho scritto in altri luoghi), ma a esser precisi ogni identità nazionale nasce da processi lunghi, di vera e propria costruzione, e l’Italia ne è un esempio. Quando il 21 febbraio 2022 vi è stato il riconoscimento della sovranità delle repubbliche di Donetsk e Lugansk, la ripresa di quei temi da parte di Putin è stata accompagnata da un violento attacco alla storia della costituzione dell’URSS, accusando Lenin e i bolscevichi di aver volutamente indebolito la Russia, privandola di territori dati ad altre nazionalità. Quel che però ha omesso il presidente è che quei territori appartenevano all’impero zarista, ed erano abitati da popoli non-russi, e vi è un’ombra inquietante in tal senso, perché si aprono in questo modo le porte a possibili rivendicazioni nei confronti degli Stati confinanti con la Russia di oggi. 

Non si può chiamare guerra la guerra?  Giovanni Savino Russia prof universitario fuggito

No, non possiamo tacere

Quando a lezione mi è stato chiesto dagli studenti cosa ne pensassi di quel che accadeva, ho detto che si trattava di una guerra, una vera e propria catastrofe per la Russia, perché avrebbe portato il paese all’isolamento totale e alla decadenza economica. Non sono stato facile profeta, ma l’integrazione dell’economia russa nel mercato mondiale, le interconnessioni in vari ambiti di lavoro e di studio, l’importazione di alcuni prodotti essenziali e di medicinali fondamentali (penso all’insulina), portava logicamente a questa conseguenza. Nel corso dei giorni, son arrivate le circolari in cui si chiedeva a studenti e docenti di segnalare discorsi strani, non in linea con la versione ufficiale degli eventi, e il 3 marzo è stata proposta e poi votata e ratificata il giorno successivo la legge sulle fake news e sul vilipendio alle forze armate. La legge propone fino a 15 anni di detenzione se si chiama la guerra con il proprio nome, e in questo momento già centinaia di persone sono in attesa di giudizio.

Lasciare Mosca è stato per me abbandonare una vita costruita, non senza fatica, nel corso di tanti anni, dover rompere affetti, legami lavorativi, e anche semplicemente andar via senza potersi accomiatare da luoghi a cui sono affezionato. Vedere la repressione feroce abbattersi su migliaia di persone, siamo a quindicimila fermi dall’inizio della cosiddetta operazione speciale, e vedere tanti giovani mandati al fronte contro altri giovani, è un dolore enorme. Tacere non era, non è possibile, quando si ha la possibilità di poterlo evitare. Provare a dare un contributo contro l’ingiustizia è una lezione etica prima di tutto a me stesso, ed è quello per cui mi adopero da qui, anche a difesa di quelle ragazze e di quei ragazzi provenienti dalla Russia, dove non vogliono tornarci, e in difficoltà qui in Italia per aprire addirittura un conto, come ritengo necessario impegnarsi per l’accoglienza dei rifugiati in fuga da una guerra orribile e ingiusta. No, non possiamo tacere."

Non si può chiamare guerra la guerra?  Giovanni Savino Russia prof universitario fuggito

CRONISTI SCALZI

Cronisti scalzi è una collana di libri dedicata alla memoria del giovane giornalista napoletano, Giancarlo Siani, ucciso dalla camorra il 23 settembre del 1985.  

La collana ha l’ambizione di raccogliere le narrazioni dei giovani cronisti delle periferie e delle città, e di autorevoli voci del giornalismo d’inchiesta, impegnati a resistere allo strapotere delle mafie.

NELL'INFERNO DELLA CAMORRA DI PONTICELLI

Le pagine del libro di Luciana Esposito sono una narrazione fatta sul campo nell’inferno della camorra di Ponticelli, diventato quartiere simbolo di ogni città, rione, quartiere, piazza in cui vige la camorra. Le storie raccontate, e perfino la mimica di certi camorristi, sono identiche in ogni quartiere, come se si tramandassero attraverso una molecola specifica di Dna.

ROBERTA GATANI, CINQUANTASETTE GIORNI

In questo libro, Roberta Gatani, nipote di Paolo e Salvatore Borsellino, ripercorre ogni giorno trascorso tra il 23 maggio e il 19 luglio 1992, un tempo fittissimo di lavoro per il Giudice che, sapendo di avere le ore contate, mise in campo tutte le proprie forze per fare luce sulla strage di Capaci.

FRANCESCO DANDOLO, TRACCE

Le pagine di questo volume rappresentano una missione ambiziosa, un passaggio obbligato per evitare che la cronaca comprima – a volte rozzamente, più in generale in modo confuso – la questione “epocale” delle migrazioni del nostro tempo in una vuota ossessione.