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7 ottobre 2022. Buon compleanno Presidente Putin. Si ricorda di Anna Politkovskaja? Di Pasquale Testa

7 ottobre 2022. Buon compleanno Presidente Putin. Si ricorda di Anna Politkovskaja? 

Un giorno che nessuno uomo libero della terra dimenticherà mai. Perché Il 7 ottobre del 2006, le fu fatto un dono da mani assassine, l’uccisone della giornalista Anna Politkovskaja con quattro colpi di pistola nell’ascensore del condominio dove abitava, nel centro di Mosca, mentre era di ritorno a casa dopo aver fatto la spesa.

Un grande regalo, che lei accolse con soddisfazione perché una donna, una voce libera della Russia, finalmente fu censurata per sempre. E non solo. Fu un doppio regalo, perché la morte di Anna Politkovskaja fu un chiaro avvertimento mafioso a tutti quei bravi e coraggiosi giornalisti che continuavano a fare il loro mestiere, quello di raccontare i fatti. 

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Anna Politkovskaja e il conflitto in Cecenia 

È dal 1999 che Anna Politkovskaja aveva cominciato a raccontare le tragiche verità del conflitto in Cecenia per il giornale Novaja Gazeta in difesa dei diritti umani.

Scriveva della Cecenia, dell’occupazione indebita russa del territorio, e scriveva della continua violazione dei più elementari diritti umani e civili della popolazione cecena. Con coraggio “andava sul posto”, viveva con loro, vedeva i proiettili nella carne viva delle persone. E raccontava delle donne e dei bambini uccisi, degli ospedali, dei militari, russi e ceceni, dei campi profughi.

E ogni inchiesta di Anna Politkovskaja era una denuncia ben precisa, che arrivava dritta ai lettori e alle orecchie del potere. I suoi reportage e i suoi libri avevano come bersaglio principale Putin, responsabile, assieme il suo governo, delle atrocità della guerra in Cecenia, in Daghestan e in Inguscezia. I suoi scritti giornalistici erano pezzi di realtà ricostruita per “raccontare quello che succedeva a chi non poteva vederlo”, da luoghi inaccessibili all’opinione pubblica russa. E non solo.

Scrivere dei gelidi inverni ceceni, della fame di bambini, donne e vecchi, rinchiusi come topi in luoghi bui. Delle torture e delle atrocità dell’esercito russo. Anna Politkovskaja testimoniò in prima persona gli abusi del Servizio di Sicurezza Federale (FSB), i servizi segreti interni continuatori del KGB sovietico, e del GRU, i servizi segreti militari, che avevano il controllo delle operazioni militari.

E tutto questo dava tremendamente fastidio al potere di Putin.

 

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Nel 2001, Anna Politkovskaja fu vittima di un sequestro ad opera di alcuni soldati russi, fu gettata in una buca e spaventata con una finta esecuzione.

Ma l’episodio più eclatante e pericoloso per la vita della giornalista, fu   il tentativo di avvelenamento con un tè che le servirono a bordo di un aereo, durante il viaggio nel 2004 verso l’Ossezia del Nord, per seguire l’assedio alla scuola di Beslan, dove combattenti armati ceceni stavano sequestrando centinaia di persone per chiedere il ritiro dell’esercito russo dalla Cecenia. Tra il 1 e il 3 settembre 2004, le forze speciali russe fecero irruzione, dando inizio a un massacro che causò la morte di più di trecento persone, fra le quali 186 bambini, ed oltre 700 feriti. Fu una strage.

Due anni dopo, la sera del 7 ottobre del 2006 Anna Politkovskaja, smetterà per sempre di scrivere. È il giorno del compleanno di Vladimir Putin. Il giorno dopo, la polizia russa sequestrò il computer della cronista con tutto il materiale dell’inchiesta che la giornalista stava compiendo. L’omicidio fu premeditato eseguito da un killer a contratto.  Il mandante dell’omicidio non è mai stato scoperto.

Sono passati sedici anni da quel giorno. Nel frattempo altri quattro giornalisti della Novaja Gazeta sono stati uccisi.

Il 28 marzo 2022 il giornale La Novaja Gazeta ha annunciato di dover sospendere le pubblicazioni a data da destinarsi dopo diversi richiami da parte del Roskomnadzor.

 

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Dal 1993 in Russia sono stati uccisi oltre 200 giornalisti nella completa indifferenza dei governanti dell’Europa. La storia è sempre maestra di vita.

CRONISTI SCALZI

Cronisti scalzi è una collana di libri dedicata alla memoria del giovane giornalista napoletano, Giancarlo Siani, ucciso dalla camorra il 23 settembre del 1985.  

La collana ha l’ambizione di raccogliere le narrazioni dei giovani cronisti delle periferie e delle città, e di autorevoli voci del giornalismo d’inchiesta, impegnati a resistere allo strapotere delle mafie.

NELL'INFERNO DELLA CAMORRA DI PONTICELLI

Le pagine del libro di Luciana Esposito sono una narrazione fatta sul campo nell’inferno della camorra di Ponticelli, diventato quartiere simbolo di ogni città, rione, quartiere, piazza in cui vige la camorra. Le storie raccontate, e perfino la mimica di certi camorristi, sono identiche in ogni quartiere, come se si tramandassero attraverso una molecola specifica di Dna.

ROBERTA GATANI, CINQUANTASETTE GIORNI

In questo libro, Roberta Gatani, nipote di Paolo e Salvatore Borsellino, ripercorre ogni giorno trascorso tra il 23 maggio e il 19 luglio 1992, un tempo fittissimo di lavoro per il Giudice che, sapendo di avere le ore contate, mise in campo tutte le proprie forze per fare luce sulla strage di Capaci.

FRANCESCO DANDOLO, TRACCE

Le pagine di questo volume rappresentano una missione ambiziosa, un passaggio obbligato per evitare che la cronaca comprima – a volte rozzamente, più in generale in modo confuso – la questione “epocale” delle migrazioni del nostro tempo in una vuota ossessione.