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Filippo La Porta. E il romanzo La Promessa di Gianlivio Fasciano

​La Promessa, questa straordinaria storia, ha ricevuto parole di compiacimento della critica letteraria, in particolare di Filippo La Porta, uno dei più bravi critici in Italia. Nella sua recensione, pubblicata sulla rivista Left, Filippo La Porta usa, con responsabilità, parole di grande emozione, sottolineando aspetti stilistici della scrittura di Gianlivio Fasciano che richiamano capolavori della migliore letteratura civile. 

«Chi è contemporaneo? Non tanto chi coincide con il proprio tempo quanto chi sa prenderne le distanze (Giorgio Agamben), e riesce a guardarlo dal di fuori. Solo la letteratura è capace di questo sguardo un po’ sfasato.

La promessa di Gianlivio Fasciano (Iod), narra la storia solo apparentemente anacronistica di un pastore molisano che va alla guerra sul dorso di un mulo diventando tiratore scelto, poi diserta con l’8 settembre, torna al suo paesello semidistrutto, cerca lavoro a Napoli (in un paesaggio umano malapartiano) in fuga da tutto, si sposa Giovannina (che perde una gamba per l’esplosione di una bomba), vorrebbe tornare a fare il proprio mestiere ma non ci riesce, e infine incontra l’anziana madre emigrata a Parigi, ci colpisce con una abbagliante evidenza! Impastando un italiano di limpida esattezza con locuzioni dialettali («scugnava», «addavera», «io non mi cangerei»...)

 

 

Fasciano ci offre un romanzo epico-storico vibrante come una ballata popolare, potente come una narrazione arcaica del Sud, in cui il lettore attuale ritrova una verità dimenticata sull’esistenza stessa, sulla sua eterna vicenda di dolore e felicità, di amore e distruzione, sulla forza oscura che fa scontrare gli eserciti («neanche io potevo fare la conta di quelli che avevo tolto dalla faccia della terra»), sulla coesistenza di lotta politico-sindacale e Madonne nere in processione, sul destino e sulla solidarietà: la pagina in cui Giovannina, con la gamba di legno (che i bambini vogliono toccare) si mette a insegnare con il grembiule turchese al convitto di Campobasso (come «incollato nel muschio»), è tra le più commoventi che abbia letto (senza un filo di retorica perché è la realtà stessa a mostrarsi).

Spingendo la madre anziana (che non lo riconosce!) sulla sedia a rotelle per Parigi, si sente da lei rivolgere una domanda: «Ci sta un giorno buono per morire?», e risponde «Quando non tieni più niente da dire, né segreti. Quello è il giorno buono per morirsi». Memorabile. Come un personaggio di Silone, o di Vasilij Grossman.»

CRONISTI SCALZI

Cronisti scalzi è una collana di libri dedicata alla memoria del giovane giornalista napoletano, Giancarlo Siani, ucciso dalla camorra il 23 settembre del 1985.  

La collana ha l’ambizione di raccogliere le narrazioni dei giovani cronisti delle periferie e delle città, e di autorevoli voci del giornalismo d’inchiesta, impegnati a resistere allo strapotere delle mafie.

CLAUDIO CORDOVA, CRIMINALITÀ SOCIALIZZATA

In un'epoca dominata dai social media, le mafie hanno adattato le loro strategie di comunicazione per sfruttare queste piattaforme al fine di espandere il loro potere. Da Twitter a TikTok, ogni piattaforma serve come un nuovo canale per l'auto-narrazione mafiosa, trasformando la criminalità organizzata in un "brand" riconoscibile.

ROBERTA GATANI, CINQUANTASETTE GIORNI

In questo libro, Roberta Gatani, nipote di Paolo e Salvatore Borsellino, ripercorre ogni giorno trascorso tra il 23 maggio e il 19 luglio 1992, un tempo fittissimo di lavoro per il Giudice che, sapendo di avere le ore contate, mise in campo tutte le proprie forze per fare luce sulla strage di Capaci.

LETIZIA VARANO, OLTRE LA PAURA. MARIA ELISABETH, UNA FIGLIA DI FEMMINICIDIO

Maria Elisabetta. Una figlia di femminicidio di Letizia Varano narra la sconvolgente storia di Maria Elisabeth, che a soli sei anni, insieme ai fratelli Enzo e Carmine di otto e dieci anni, assiste all'omicidio della madre Anja, vittima della violenza del marito. Questo atto brutale diventa una cicatrice indelebile, che segna la vita di Maria Elisabeth e la spinge a trasformare il suo dolore in un messaggio di forza e speranza.