Giancarlo Caselli Jole Garuti Le mafie negli occhi dei ragazzi Iod edizioni Blog Cronisti scalzi Giancarlo Siani

Gian Carlo Caselli | I ragazzi, come imparare a essere liberi dalle mafie

Gian Carlo Caselli, valoroso magistrato, è stato per anni impegnato nella lotta alle mafie. Forte della sua esperienza sul campo, scrive, nella prefazione al libro Le mafie negli occhi dei ragazzi di Jole Garuti, parole di denuncia e di speranza per i tanti ragazzi che rischiano, ogni giorno, di smarrire le strade della legalità e della giustizia.

Jole Garuti ha composto un interessante mosaico con piccoli tasselli: piccoli (nel senso di brevi) racconti, di solito interpretati da piccoli (nel senso di giovanissimi) personaggi. Ma la storia che complessivamente ne risulta è in pratica anche la storia del nostro Paese, vista attraverso il prisma delle mafie e la percezione da varie angolature che possono averne i ragazzi. Mai racconti (come capita in molti film o romanzi televisivi) evasivi o rassicuranti quando non agiografici: racconti che piacciono ai mafiosi, perché – parlando di mafia – in realtà raccontano altro. Al contrario, una narrazione che fotografa la realtà obiettiva delle tentazioni e dei pericoli che la mafia dissemina intorno ai giovani. A ben vedere, la “prospettiva” di Jole Garuti è la stessa che ispira la disciplina del processo minorile. Vale a dire che c’è un punto di partenza comune, ed è che i minori sono, per definizione, ancora in una fase di normale ricerca di una propria identità. Ed è per questo motivo che l’obiettivo del processo è far uscire il minore quanto più presto possibile dal circuito penale, per scongiurare il rischio che sia proprio l’istituzione a “bollarlo” come delinquente, rafforzandone l’identità negativa.

 

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Rovesciato, ma sostanzialmente analogo, è l’obiettivo dell’Autrice del libro: giocare d’anticipo, indicando ai ragazzi (con esempi realistici, non edulcorati, del male e dei suoi effetti nefasti) la convenienza della strada dell’integrazione sociale: nella consapevolezza che molto spesso si ha a che fare con ragazzi che sì, hanno sbagliato o possono sbagliare, ma che, ancora privi di un’identità consolidata, hanno soprattutto bisogno di essere aiutati (anche con metodi pedagogici “leggeri”, cioè di pregevole fattura letteraria e di agevole lettura, come quelli che caratterizzano questo libro). Soprattutto i ragazzi che abbiano dovuto interrompere gli studi e siano quindi dotati di strumenti intellettivi diversi da quelli che può avere un coetaneo studente “regolare”. In conclusione, il processo minorile è modulato per recuperare il giovane, offrendogli opportunità di crescita che prima non aveva avuto e che proprio la commissione del reato ha evidenziato. Sul suo versante, Jole Garuti offre elementi di conoscenza della realtà per prevenire le trappole e le lusinghe dell’illegalità; coglie il bisogno formativo del ragazzo o della ragazza, a volte un’atroce sofferenza, che richiede risposte capaci sia di contrastare il rischio di illegalità in scala crescente, sia di scoprire e far emergere i propri “talenti”. Ben sapendo che, purtroppo, dei “talenti” esiste anche una declinazione perversa e oscena. Proprio quella della mafia, che impiega sistematicamente nel traffico di droga ragazzini sotto i quattordici anni, in quanto non sono punibili (circostanza alla quale il libro più volte accenna).

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Dunque, quello di Jole Garuti è un libro che parla – con uno stile originale – di legalità e giustizia. Cosa che oggi in termini credibili non è facile fare, soprattutto quando ci si rivolge a dei ragazzi. Molti giovani infatti sono naturalmente portati a considerare le regole con un certo fastidio: “Uffa, che stress tutte queste imposizioni; è così bello fare quel che si vuole con gli amici, senza ‘grilli parlanti’ a spiegarci come dobbiamo vivere la nostra vita…”. Anche perché, purtroppo, gran parte della società subisce l’influenza di modelli negativi che, in quanto a rispetto delle regole, predicano bene e razzolano male. Cattivi esempi che si autoassolvono con giustificazioni di comodo – “Così fan tutti; così va il mondo; tanto non cambia mai niente…” – e si rifanno a “visioni” ispirate dalla constatazione che, spesso, nel nostro Paese, chi sbaglia non paga, soprattutto se conta o ha gli “agganci” giusti. C’è uno scenario di fondo, in buona sostanza, che tende a far apparire come “sorpassato” e “fuori moda” chi si ostina a parlare di legalità e di rispetto delle regole. C’è un clima che favorisce la rassegnazione e il disimpegno, potenti rampe di lancio per le tante furbizie, illegalità e ingiustizie che infestano l’Italia. Ad alimentare questa situazione ci sono i messaggi invasivi e spesso persuasivi che Tv, canali YouTube o TikTok, influencer e cantanti trap diffondono quotidianamente, riuscendo troppo spesso a condizionare i comportamenti di ciascuno, a partire dai più giovani. Non importa quel che si è, ciò in cui si crede o di cui si è alla ricerca; non importa avere dei punti di riferimento (non uso la parola “valori” perché temo sia in via di estinzione); interessa solo apparire, e sempre in un certo modo: un apparire vuoto, privo di talento e di sostanza.

E in queste situazioni (che il libro disegna con efficacia), pur di apparire si scavalcano gli altri senza troppi riguardi, se necessario sgomitando o scalciando, con la complicità di chi eleva a modello e trasforma in “star” i cattivi esempi. Di qui una “scuola” di arroganza, prepotenza e violenza che è antitetica a ogni cultura della legalità e delle regole. Ecco allora che gli interessi individuali (egoistici) prevalgono su quelli di carattere generale, e di conseguenza stenta a crescere “l’Italia delle regole”, di quelli che vorrebbero che la legalità non fosse una parola vuota con cui riempirsi la bocca, ma una prassi effettiva e convinta. E se questa Italia fatica, si aprono sempre più spazi per l’Italia dei furbi, degli affaristi, degli impuniti e dei mafiosi, innescando una spirale perversa che inesorabilmente porta a lacerazioni profonde, capaci di fare a brandelli lo stesso senso morale della nostra comunità. E alla fine potremmo ritrovarci tutti sotto un cumulo di macerie. Tutti: le conseguenze nefaste riguarderebbero l’intera comunità, senza risparmiare nessuno. Ed è proprio contro questo percorso che si batte Jole Garuti con il suo libro.

 

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Il libro può esser utile non soltanto ai ragazzi. Può capitare a molti adulti di aver a che fare con fatti come quelli raccontati da Jole Garuti, nel proprio ambiente scolastico, lavorativo o sociale. Allora, guai a pensare che tocchi solo agli altri occuparsene. Mai voltarsi dall’altra parte se si vede qualcuno in difficoltà. Il miglior orizzonte della vita di ciascuno è imparare a essere liberi con gli altri e per gli altri; solidali con gli altri, non contro. Denunziare (e sostenere chi denunzia) le cose che non vanno rivolgendosi a chi le può sistemare è una prova di responsabilità e coraggio. Quella per la legalità e la giustizia è dunque una battaglia per il bene comune che riguarda direttamente tutti noi. Perciò, no all’indifferenza: occorre partecipare, avere il coraggio di rifiutare i compromessi facendo anche scelte scomode. È questo il prezioso “messaggio” del libro di Jole Garuti.

CRONISTI SCALZI

Cronisti scalzi è una collana di libri dedicata alla memoria del giovane giornalista napoletano, Giancarlo Siani, ucciso dalla camorra il 23 settembre del 1985.  

La collana ha l’ambizione di raccogliere le narrazioni dei giovani cronisti delle periferie e delle città, e di autorevoli voci del giornalismo d’inchiesta, impegnati a resistere allo strapotere delle mafie.

NELL'INFERNO DELLA CAMORRA DI PONTICELLI

Le pagine del libro di Luciana Esposito sono una narrazione fatta sul campo nell’inferno della camorra di Ponticelli, diventato quartiere simbolo di ogni città, rione, quartiere, piazza in cui vige la camorra. Le storie raccontate, e perfino la mimica di certi camorristi, sono identiche in ogni quartiere, come se si tramandassero attraverso una molecola specifica di Dna.

ROBERTA GATANI, CINQUANTASETTE GIORNI

In questo libro, Roberta Gatani, nipote di Paolo e Salvatore Borsellino, ripercorre ogni giorno trascorso tra il 23 maggio e il 19 luglio 1992, un tempo fittissimo di lavoro per il Giudice che, sapendo di avere le ore contate, mise in campo tutte le proprie forze per fare luce sulla strage di Capaci.

FRANCESCO DANDOLO, TRACCE

Le pagine di questo volume rappresentano una missione ambiziosa, un passaggio obbligato per evitare che la cronaca comprima – a volte rozzamente, più in generale in modo confuso – la questione “epocale” delle migrazioni del nostro tempo in una vuota ossessione.