Carola Flauto | La scuola strumento di pace

Carola Flauto | La scuola strumento di pace

La storia ci travolge, in un attimo sembra che gli eventi precipitino rapidamente fino a cambiare i destini di un popolo e dell’intera umanità. La storia, però, non è un’entità indipendente, essa è fatta dagli uomini e dalle donne, dalle loro azioni, dal loro impegno o disimpegno civile, dal loro esserci o no, dalla attiva partecipazione, dalla presa in carico delle responsabilità nei ruoli occupati sia in famiglia che nel lavoro, nelle decisioni da prendere nel bene e nel male, a qualsiasi livello. Insomma, in una sola frase emblematica e spesso abusata: la storia siamo noi, sempre, anche quando la nostra vita sembra sfuggirci di mano sovrastata da eventi tanto più grandi di noi. Questa definizione di “Storia” è alla base della democrazia ed è radicata nella nostra cultura occidentale, come strumento forte di libertà e, in questo feroce ritorno della guerra in Europa, dobbiamo sentire ancora di più quanto le nostre singole scelte  siano parte essenziale per ricostruire la pace… bla bla bla

Questo incipit è la perfetta rappresentazione del compito in classe svolto secondo i canoni tradizionali della composizione di un tema sulla traccia “spiega cosa è per te la Storia”. A scuola si insegna a fare la sintesi di concetti che sono alla base della conoscenza e i ragazzi scrivono, dimostrando di aver studiato anche piuttosto bene gli argomenti ma il più delle volte senza chiedersi come impiegherebbero nella realtà della vita queste conoscenze acquisite. Ma ammettiamo che agli studenti venga assegnata la stessa traccia ma dopo aver affiancato ai contenuti una serie di esperienze di didattica viva come: l’incontro con un testimone della resistenza, poi con un ragazzo siriano scappato dalla guerra, un viaggio nei luoghi emblematici del secondo conflitto mondiale, o anche una visita alla mostra sugli oggetti degli ebrei recuperati nei campi di concentramento, e forse anche la partecipazione ad un laboratorio di scrittura teatrale sulla segregazione dei popoli.

Certamente la scrittura del compito risulterebbe emotiva, ricca di esempi reali che andranno a rendere vivi i concetti espressi. Questa è la scuola strumento di pace, che associa la lettura e lo studio al vissuto delle persone. Questa è la scuola che con enormi difficoltà economiche cerca di far esperire agli studenti la solidarietà, l’empatia, l’ascolto attivo delle esperienze dirette, questa è la scuola dell’inclusione, dell’intercultura, quella che ha inserito i figli dei migranti, quella che risponde immediatamente al richiamo della storia con l’elaborazione di proposte e di riflessioni critiche. Cosa sarebbe il nostro paese senza questa scuola? Senza menti fresche che si affacciano alla vita con i sogni nelle tasche da realizzare? Come si fa a non pensare che la speranza abbia messo casa proprio lì? 

A volte vorrei avere una “macro-camera” che potesse riprendere in contemporanea tutti i milioni di studenti, di docenti all’opera, dalla prima campanella all’uscita dalla scuola, che leggono, ascoltano, piangono, dialogano, imparano a far pace, si divertono e si annoiano, si innamorano di un suono, o di un segno, di un gesto o di un volo di uccello che si posa sulla cima di un campanile.

Il luogo dell’immaginazione, della metamorfosi, della scoperta dello sguardo dell’altro diverso da sé! 

Tutti, se potessimo vederli in contemporanea, scopriremmo che quello è il luogo delle domande, il tempio dove si fa costante memoria delle opere dei grandi, il luogo dove la bellezza è obiettivo e sostanza che resta. È questa l’immagine sincrona dell’incontro in classe, ogni giorno, tra milioni di ragazzi e i loro docenti; è la migliore delle pratiche di democrazia che si consuma ogni giorno, puntualmente, nel nostro paese. 

Ora…

 

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Chiudete gli occhi e provate a fare questo sforzo di immaginazione, liberando lo sguardo dalla diffidenza e la mente dai luoghi comuni! Vedrete quanto siano poetici gli sguardi degli studenti quando sono punti dalla curiosità, quanto siano amabili le loro ironie, quanta forza la solidarietà della condivisione tra pari, sconvolgente la meraviglia delle scoperte, o il dolore dei loro drammi, il fervore della difesa di una posizione da legittimare contro il diniego dei docenti, la capacità di problem solving per accorciare il tempo di permanenza in classe. 

Bene…

… Se l’avete vista facendo questo salto d’immaginazione, avrete visto il laboratorio della società che si sta preparando all’uscita nel mondo futuro e, credetemi, è la migliore società che potremmo avere se… non entrassero in azione le interferenze, ovviamente normali, della realtà attuale che gioca spesso con l’inganno, con la violenza, con le trappole comunicative, con la semplificazione del pensiero e con modelli appiattiti sul consumismo spinto delle cose e delle persone. 

Ma il controcanto lo fa la scuola!

Se fuori i ragazzi fanno “economia” della lingua, a scuola leggono i classici d’autore arricchendo il lessico; se i social offrono informazioni false e fuorvianti, in classe apprendono la ricerca e il confronto delle fonti. A scuola si tiene conto dei diversi stili di apprendimento dando a tutti l’opportunità di misurarsi con livelli sempre più complessi di conoscenze contro l’appiattimento verso il basso voluto dalla globalizzazione del sapere. 

Se i governi rispondono alle leggi fredde del mercato e della finanza riconsiderando la guerra come strumento di affermazione del potere, la scuola risponde con la luce della ragione, con le regole della riflessione, con visioni poetiche, con la bellezza dell’arte universale, con la trasparenza della verità in opposizione alla propaganda dei poteri forti. 

La scuola si “arma” di libri, delle opere dei giganti, delle loro parole, dell’armonia dei suoni, d’altronde lo sappiamo tutti: le armi che usa la scuola hanno sempre fatto tanta paura alle dittature. 

Ora ditemi se la scuola non è uno strumento di pace!

CRONISTI SCALZI

Cronisti scalzi è una collana di libri dedicata alla memoria del giovane giornalista napoletano, Giancarlo Siani, ucciso dalla camorra il 23 settembre del 1985.  

La collana ha l’ambizione di raccogliere le narrazioni dei giovani cronisti delle periferie e delle città, e di autorevoli voci del giornalismo d’inchiesta, impegnati a resistere allo strapotere delle mafie.

NELL'INFERNO DELLA CAMORRA DI PONTICELLI

Le pagine del libro di Luciana Esposito sono una narrazione fatta sul campo nell’inferno della camorra di Ponticelli, diventato quartiere simbolo di ogni città, rione, quartiere, piazza in cui vige la camorra. Le storie raccontate, e perfino la mimica di certi camorristi, sono identiche in ogni quartiere, come se si tramandassero attraverso una molecola specifica di Dna.

ROBERTA GATANI, CINQUANTASETTE GIORNI

In questo libro, Roberta Gatani, nipote di Paolo e Salvatore Borsellino, ripercorre ogni giorno trascorso tra il 23 maggio e il 19 luglio 1992, un tempo fittissimo di lavoro per il Giudice che, sapendo di avere le ore contate, mise in campo tutte le proprie forze per fare luce sulla strage di Capaci.

FRANCESCO DANDOLO, TRACCE

Le pagine di questo volume rappresentano una missione ambiziosa, un passaggio obbligato per evitare che la cronaca comprima – a volte rozzamente, più in generale in modo confuso – la questione “epocale” delle migrazioni del nostro tempo in una vuota ossessione.